“MAYDAY, MAYDAY, siamo affondando!”
Dover affrontare una crisi è qualcosa che nessuno di noi si augura per il proprio business e, per scaramanzia, credo che nessuno (a parte le grandi aziende che dispongono di un proprio risk management team) si ponga mai domande del tipo: come dovrei comportarmi se si verificasse il tale evento?
Volendo però ragionarci su, e provando a ipotizzare possibili incidenti (i cosiddetti worst-case scenaries), quale sarebbe – a tuo avviso – il modo più adatto di comunicare se la tua azienda o il tuo brand navigassero in brutte acque? Qual è il tone of voice ottimale della crisis communication?
Oggi ho deciso di affrontare questa delicata tematica perché è stato uno degli argomenti che trattai durante il corso di Comunicazione d’Impresa (ehh i bei tempi dell’università…), e che mi ha molto appassionata.
Crisi e sue tipologie
Ma partiamo dalla base: cosa si intende per crisi? La crisi è qualcosa di improvviso che, per definizione, interrompe il normale flusso di attività del business.
Otto Lerbinger (1997) ha identificato sette diverse tipologie di crisi:
- crisi causate da disastri naturali: terremoti, uragani, …
- tecnologiche: il disastro nucleare di Chernobyl, …
- causate da errori di confronto con terzi
- causate da atti di terzi: attacchi terroristici, …
- causate da errori organizzativi
- causate da pettegolezzi
- causate da “violenza” sul posto di lavoro
alle quali ne aggiungerei un’ottava e più attuale: crisi da refuso o da strafalcione… Eh si, perché oggi che trascorriamo gran parte delle nostre giornate sui social network, non è sufficiente leggere e rileggere il post di turno e misurare le parole prima di cliccare sul tasto “Pubblica”; l’errore e la conseguente crisi sono sempre dietro l’angolo!
Ad ogni modo, per rispondere in maniera efficace ad una situazione critica – di qualunque natura essa sia – occorre utilizzare i corretti canali di comunicazione, comunicare tempestivamente con trasparenza e semplicità e, soprattutto, assumere un atteggiamento empatico esprimendo le proprie emozioni e chiedendo scusa (se necessario).
Mauro de Vincentiis nel suo “Comunicare l’emergenza” afferma:
Ogni qualvolta un’impresa viene colpita da una crisi, la priorità è gestire la crisi stessa, soprattutto gestirla bene e non perdere il controllo della comunicazione.
Non perdere il controllo della comunicazione… è più facile a dirsi che a farsi, soprattutto se lavori in un’azienda rinomata e quindi immediatamente sottoposta alla pressione dei mass media.
Come riuscirci? Beh, innanzitutto è opportuno redigere e diffondere il prima possibile un comunicato stampa (si, so che può sembrare un qualcosa di datato quando in alternativa puoi scrivere un veloce tweet o un post sui tuoi canali social, tuttavia questo resta uno degli strumenti principali per far sapere al pubblico e ai giornalisti come ti stai muovendo per affrontare la crisi), nonché individuare un portavoce, che diventerà quindi l’unico e più autorevole punto di riferimento per il “mondo esterno”. Gestire in prima persona una situazione di emergenza, infatti, ci consente di controllare i contenuti che verranno condivisi.
È inutile dire che se il portavoce sarà in grado di utilizzare al meglio i media – e i social media in particolare – variando lo stile della comunicazione a seconda dell’audience di riferimento, la reputazione della nostra impresa potrà non solo essere salvaguardata, ma anche rafforzata.
Il ruolo dei Social Media
Volendo focalizzare la nostra attenzione sui social media, è necessario che il copywriter non vada a sua volta in crisi, ma scriva contenuti utili a salvare immagine e reputazione, contenere le perdite, e soprattutto riconquistare la fiducia delle persone.
Valentina Falcinelli nel suo ricettario di comunicazione digitale “Crisis Management. E adesso che faccio?“, ci fornisce utili ingredienti per gestire, sedare e superare la crisi sui social media. Innanzitutto, si legge, occorre imparare dagli errori altrui invece di deriderli: siamo tutti bravi a sfruttare gli #epicfail commessi da altri per lanciarci in dichiarazioni autocelebrative che evidenzino quanto noi – a differenza del malcapitato di turno – siamo fighi, ma prima di postare qualsiasi contenuto ricordiamoci che il prossimo errore potremmo commetterlo noi!
Chiedere scusa è il primo passo verso la redenzione, ma è necessario scusarsi nel modo corretto, ad esempio utilizzando su Facebook il nostro consueto tono… essere se stessi nonostante l’accaduto, ci aiuterà a non perdere la fiducia dei nostri follower. Per quanto riguarda Twitter, invece, il consiglio è quello di usare l’hashtag dell’errore commesso per dare visibilità al tweet di scusa nello stream della conversazione innescatasi sul tema. Perchè? Per far capire di essere consapevoli del problema.
Proseguendo, individuare all’interno della propria community qualcuno che possa venire in nostra difesa e perorare la nostra causa… per la serie “ha sbagliato, ma fin ora è sempre stato affidabile e corretto”.
Solitamente i commenti negativi sono talmente virali che, ancor prima di riuscire a eliminare quella brutta recensione dalla nostra bacheca, essa sarà stata probabilmente visualizzata e condivisa chissà quante volte. Pertanto un ulteriore consiglio è quello di non cancellare commenti per noi deleteri, ma sfruttarli: il modo di reagire ad una crisi è un importante fattore per costruire la propria reputazione online.
Infine, scampata la crisi, raccontare come – facendo tesoro dell’accaduto – si è riusciti a risollevarsi… ovviamente senza esagerare!
A ogni pubblico, il diverso messaggio
Citando l’eclatante caso “Costa Concordia”, ad esempio, Costa Crociere utilizzò Twitter per rispondere alle diverse domande attraverso un messaggio standard che rimandava alla consultazione del sito internet della compagnia e ad un numero di telefono istituito per l’emergenza. Su Facebook, le immagini di gioia della homepage sono state sostituite dalla rappresentazione di un mare calmo, in segno di lutto (anche se gli editor della pagina hanno provveduto a fare queste variazioni solo diversi giorni dopo la tragedia). Su Youtube, invece, i video precedentemente caricati sono stati sostituiti con dichiarazioni di cordoglio per i parenti delle vittime.
La possibile perdita di credibilità e di immagine conseguente alla crisi, tuttavia, non riguarda solo i soggetti esterni, ma interessa anche quelli interni. Per questo la comunicazione esterna deve essere affiancata da un’attività di comunicazione con i dipendenti e i collaboratori dell’organizzazione, affinché non si generi un clima di sfiducia, ma di collaborazione e coesione.
In conclusione, i punti salienti della crisis communication sono dunque:
- dire tutto quello che si sa, e subito
- tener conto dei diversi segmenti di pubblico e di media
- assumersi le proprie responsabilità
- valutare se e come utilizzare i social network e, in caso affermativo, il tipo di contenuto da veicolare
- (scampato il pericolo) programmare una nuova campagna di comunicazione che trasmetta, ai vari interlocutori, i valori che permeano l’azienda per il suo rilancio.