Ricordi i troubadours, i menestrelli cantastorie della Francia del XII – XIII secolo? Ogni volta che penso allo storytelling, mi vengono in mente questi poeti-musicisti girovaghi che incantavano le corti raccontando storie d’amori, di lontananze e sofferenze in cui re, regine, membri della nobiltà e della borghesia dell’epoca si rispecchiavano.
Ecco, i troubadours usavano l’arte del raccontare, inventando rime su una melodia già esistente, per conquistare il loro pubblico. Raccontavano storie semplici, emozionanti e universali: facevano storytelling!
Capire lo storytelling
Storytelling NON è “Raccontare storie”. Storytelling È comunicare attraverso racconti.
Non importa che i racconti siano “veri”; ciò che conta è che siano “racconti verosimili” quanto basta per essere convincenti nella mente di chi ci ascolta o legge.
(Questa e le prossime citazioni sono tratte da Storytelling d’impresa di Andrea Fontana.)
Le modalità con le quali avviene la trasmissione possono essere molteplici (testo, immagini, video, audio), ma il fine è lo stesso: riuscire a comunicare e coinvolgere sul piano emotivo i destinatari del nostro racconto.
La scrittura che funziona è quella che riesce a suscitare immagini nella testa di chi legge.
Pensiamo ai nostri libri preferiti e ai loro adattamenti cinematografici. Sarà capitato tante volte anche a te di dire: bello il film, ma il libro è più bello! Questo succede perché nella nostra testa avevamo un’immagine della storia raccontata che spesso non corrisponde alla visione portata sullo schermo.
Lo scrittore è stato tanto bravo da riuscire a far nascere nella nostra testa elementi visivi che corrispondono a quanto scritto e quindi a creare con noi una forte empatia: l’immagine creata favorisce il legame tra chi legge e quanto c’è scritto.
Perché lo storytelling
La competizione non è più (solo) sul piano “tecnico”: tutti offrono “i migliori servizi sul mercato, i più innovativi e su misura”, tutti sono (dichiarano di essere) “attenti alle esigenze del cliente e veloci nel rispondere alle richieste”, tutti sono focalizzati a “creare relazioni durature con il cliente, e non solo a vendere prodotti”, tutti usano i social media e pubblicano sui social network.
La competizione oggi è sulla narrazione che riesci a fare del tuo mondo e quanto questa narrazione riesce a sovrascrivere quella dei tuoi concorrenti.
Pertanto, il punto di partenza è la necessità che abbiamo di costruire il nostro racconto e di renderlo interessante fino al punto di creare relazioni emozionali.
Il nostro obiettivo diventa: generare simulazioni del reale con un approccio narrativo affinché le persone possano identificarsi nel racconto e legarsi a noi.
In questo percorso ci aiutano i neuroni specchio: quelli che ci permettono di identificarci in quello che vediamo, leggiamo, ascoltiamo. Gli stessi neuroni che ci permettono di imparare guardando un altro che agisce.
Per raccontare una storia nel “mondo digitale”, che sia per il blog di Azienda o per la pagina Chi siamo, che sia per un tweet o per un post su Facebook, quello che dobbiamo fare è usare il potere della narrazione e tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione (testi, immagini, suoni, video) e non limitarci a trasferire una certa conoscenza.
Il contenuto narrativo
In ogni storia che si rispetti ci sono sempre:
un Eroe (il soggetto della storia)
un Oggetto di valore (ciò che l’Eroe deve ottenere, conquistare, raggiungere)
un Anti-eroe (qualcuno / qualcosa che si oppone all’Eroe per impedirgli di raggiungere l’Oggetto di valore)
un Aiutante (spesso è un Oggetto magico, altre volte è un Mentore; ciò che aiuta o mette l’Eroe nelle condizioni migliori per conquistare l’Oggetto di valore)
un Opponente (uno o più attanti che aiutano l’Anti-eroe a opporsi all’Eroe).
In ogni storia c’è sempre un Destino che si deve compiere, al quale l’Eroe è chiamato da un cosiddetto Destinante. Pensa a come inizia La compagnia dell’Anello, la prima parte della saga de Il Signore degli Anelli e al ruolo di Gandalf nel chiamare Frodo al suo Destino.
In ogni storia c’è sempre un conflitto: è ciò che ci tiene “incollati” al racconto, che ci fa identificare, parteggiare per l’Eroe, che ci fa odiare l’Anti-eroe, che ci fa desiderare un Aiutante (magico) nella nostra vita quotidiana – ecco l’identificazione e la riproduzione di quella simulazione di reale nel nostro reale, il legame emotivo che ci lega per sempre a quel racconto.
Pensa se il racconto riguardasse la tua Marca, il tuo Prodotto, il tuo Servizio, il tuo Mondo!
Come strutturare quindi la narrazione?
Il viaggio dell’Eroe
Il percorso che l’Eroe compie da quando il Destinante lo chiama alla missione fino a quando raggiungerà l’Oggetto di Valore, superando le prove con l’aiuto dell’Aiutante e sconfiggendo l’Anti-eroe, tutto questo viene chiamato Viaggio dell’Eroe.
Due sono i modelli principali: quello semiotico francese, più semplice da leggere, e quello di Campbell e Vogler, il più usato nella cinematografia holliwoodiana.
Non mi addentro nella descrizione di questi modelli, servirebbe ben altro che un post; aggiungo solo che, capito come funzionano, andarli a riscoprire nelle pubblicità, anche quando sono solo immagini statiche, è molto istruttivo!
Scrivi la tua storia
Le storie sono intorno a noi, basta saperle individuare e raccontare: com’è nato il brand? C’è una storia dietro la scelta del tuo nome o del tuo logo? Raccontala!
Usa la tua pagina About per legare le date importanti della tua Azienda a eventi particolari nella storia (puoi usare Wikipedia e la ricerca per anni per trovare, per esempio, un evento storico da poter associare all’anno di fondazione dell’Azienda).
Racconta come sei arrivato all’idea del prodotto e del servizio che offri o in che modo questi cambiano la vita dell’utente/cliente. Dai un nome ai bisogni che il tuo prodotto soddisfa.
Il tono con il quale racconti la tua storia deve riflettere quello che sei.
Chi ti legge non vuole finzione: la tua narrazione deve impressionare senza eccedere e cadere nell’inverosimile. Sii creativo, senza però allontanarti dalla tua reale identità aziendale.
Se le tue risorse sono limitate concentrale su un numero limitato di canali e sfruttali a tutto tondo per il tuo storytelling.
Alcuni esempi?
Usa lo slider del tuo sito per raccontare di volta in volta pezzetti di una storia più ampia.
Scegli qual è la storia che vuoi raccontare ai tuoi utenti e sezionala in tante microstorie raccontate per immagini. Pianifica la tua campagna sul lungo temine e crea continuità nel tuo racconto.
Sfrutta anche la copertina della tua pagina Facebook in modo strumentale per raccontare qualcosa in più di te e dei tuoi prodotti. Cambia ogni settimana la foto, personalizzala e scrivi una descrizione in cui, in poche righe, siano replicabili i 5 fondamentali elementi della formula, coniata da Sonia Simone, che ogni buona storia deve avere:
- eroe: la tua storia deve parlare di qualcuno (il tuo cliente tipo)
- obiettivo: se conosci il tuo pubblico hai il potere di cambiare le sue abitudini
- conflitto: è ciò che rende le storie interessanti
- mentore: il tuo brand è speciale ed è ciò di cui il tuo target ha bisogno
- morale: fai emergere il perché della tua storia.
Scegli il tuo target
Quando scriviamo sul nostro profilo Facebook, abbiamo quasi sempre in testa un destinatario, che nel caso specifico sono i nostri amici. Sappiamo esattamente qual è il tono che apprezzano di più, o il modo con cui raccontargli qualche evento saliente della nostra giornata. Sappiamo che ci sono quelli che apprezzeranno di più la foto del risveglio e quelli che condivideranno il link a una certa notizia piuttosto che a un’altra. In sintesi, conosciamo il nostro pubblico. E un’Azienda?
Un’Azienda non può prescindere dall’individuazione del pubblico di riferimento sia per obiettivi dichiaratamente di marketing (chi sono le persone alle quali voglio vendere?), sia per obiettivi più strettamente legati alla comunicazione.
Per condividere un post sulla pagina Facebook o un tweet, per scrivere la pagina che parla della storia della nostra Azienda, dobbiamo avere ben chiaro a quali persone ci stiamo rivolgendo, a quali vogliamo parlare e perché.
Scelto il target, riesco a coinvolgerlo raccontandogli la mia storia attraverso canali diversi, piattaforme diverse e coinvolgendolo durante tutta la sua quotidianità.
La struttura narrativa
La struttura di una canzone può essere utile per capire come raccontare una storia. Ogni canzone ha sette colonne portanti che ci possono aiutare a strutturare la storia da raccontare:
- intro: ci prepara al tono della storia che sarà raccontata
- strofa: inizia la narrazione
- inciso/ritornello/svolta: è la parte più memorizzabile, fatta di parola chiave
- ponte: collega strofa e ritornello e fa da filo conduttore
- special: la parte che sta fuori lo schema “classico”, in cui cambia il ritmo, cambia la base
- strumentale
- finale/coda: può essere netto o sfumato.
Conclusioni
Fare storytelling non è cosa semplice, non si impara leggendo qualcosa sull’argomento. Ce ne rendiamo conto tutti i giorni, nello scrivere un tweet o nel preparare la newsletter ei Digital Friday.
Ma lavorando su una storia, sul racconto, il rapporto con le persone cambia, si crea un legame di tipo emotivo, in cui l’utente si sente partecipe, interagisce e si lascia coinvolgere.
Add-on
La foto di copertina ritrae Orazio Strano, famosissimo cantastorie catanese, mentre canta la ballata composta poco dopo l’assassinio di J.F. Kennedy.
Questo articolo riporta, in alcuni punti, parola per parola, alcune frasi del libro Storytelling d’Impresa di Andrea Fontana, che ho letto. Come mai non è virgolettato e citato tra le fonti?
Urca, hai ragione!
Il virgolettato è sostituito dal Quote ma, purtroppo, era senza fonte.
Grazie per avermelo evidenziato.
Roberto
Il viaggio dell’Erore mi ha sempre affascinato! Non per niente si basa sugli archetipi ^_^
E’ sempre una buona base per uno schema narrativo efficace.