Nel mio post della scorsa settimana (R)imparare a scrivere: primi passi di un’aspirante writer, ho iniziato a raccontarti il mio primo approccio con la scrittura per il web, a me fin ora sconosciuta.
Oggi ti parlo di uno dei problemi con cui mi scontro ogni qualvolta scrivo un articolo, ovvero la lunghezza dei periodi.
Ti faccio un esempio… Nella stesura del post in cui riportavo l’intervista a Fabio Piccigallo avevo scritto questo periodo:
“FABIO: Ciao a tutti! Quello che mi ha portato alle Analytics è un percorso particolare, io provengo dal Marketing Management e quindi mi sono sempre occupato della gestione del marketing e, in particolare, di direct marketing. Naturalmente, nei primi anni 2000, fare direct marketing in un contesto aziendale in cui occorreva monitorare ad esempio, il tasso di rinnovo di abbonamenti a riviste cartacee oppure il tasso di conversione del direct mailing (considerando che venivano inviate mail a 2/3 milioni di persone), non era certo un’attività che si prestava all’improvvisazione, ma si doveva necessariamente lavorare sui numeri, sulla segmentazione dei database e sulla comprensione approfondita dei fenomeni. Quando poi si è passati al digitale, occuparmi di Analytics è stato un passaggio naturale: i dati ora sono più facilmente accessibili e funzionali all’elaborazione di strategie, e consentono di intervenire sui fenomeni per ottimizzare le performance”.
Troppo lungo, non ti pare?
Se lo avessi pubblicato così, probabilmente avrei dovuto aggiungere il commento: ATTENZIONE, da leggere solo in presenza di una bombola di ossigeno a portata di mano! 🙂
Inversione di marcia…
Dopo la revisione, indispensabile per verificare che il testo scorra, ho poi scritto:
“FABIO: Ciao a tutti! Quello che mi ha portato alle Analytics è un percorso particolare. Io provengo dal Marketing Management e quindi mi sono sempre occupato della gestione del marketing e, in particolare, di direct marketing.
Naturalmente, nei primi anni 2000, fare direct marketing in un contesto aziendale in cui occorreva monitorare ad esempio, il tasso di rinnovo di abbonamenti a riviste cartacee, non era certo un’attività che si prestava all’improvvisazione. Si doveva necessariamente lavorare sui numeri, sulla segmentazione dei database e sulla comprensione approfondita dei fenomeni.
Quando poi si è passati al digitale, occuparmi di Analytics è stato un passaggio naturale: i dati ora sono più facilmente accessibili anche se le tecniche di misurazione restano le stesse.
I numeri sono funzionali all’elaborazione di strategie, all’analisi dei fenomeni, e consentono di intervenire per ottimizzare e migliorare le performance”.
Va decisamente meglio, non trovi? Tu come lo avresti ri-scritto?
La “taglia” ideale
Ma qual è la lunghezza ideale per un periodo? Beh, da quello che sto imparando, non esiste una “ricetta” perfetta, l’unica certezza è:
la gente è in prevalenza superficiale, legge a salti e lo fa solitamente in mezzo al caos della giornata lavorativa; non gli si può chiedere uno sforzo di concentrazione superiore a quello cui è abituata”
(cit. Alessandro Zaltron – Le parole sono importanti).
Pensando quindi a un post come a un piatto da preparare con vari ingredienti, alla voce “lunghezza periodo” potremmo probabilmente scrivere q.b..
Quello che occorre tenere sempre a mente, tuttavia, è che deve emergere il contenuto, e fin dalle prime righe il nostro lettore deve trovarsi nella condizione di poter comprendere l’oggetto.
Per prendere qualche spunto su come scrivere, ho dato un’occhiata al blog di Luisa Carrada che in un suo post scrive:
In questo senso anche le ripetizioni non sono più un errore grave, da sottolineare con la matita blu, ma vengono considerate necessarie per orientare il lettore, perché ogni articolo è destinato a vivere di vita propria. Tradizionalmente è stato considerato inaccettabile usare in una stessa pagina due volte la stessa parola o lo stesso nome, così se c’erano tre articoli su Berlusconi, uno solo poteva avere il cognome nel titolo e per gli altri si era costretti a far ricorso a formule come “cavaliere”, “leader di Forza Italia”, o semplicemente “Silvio”. Questi titoli letti nel loro contesto mantenevano senso ed era chiaro il significato, ma pubblicati singolarmente sul sito internet o messi in archivio potevano essere incomprensibili e anche grotteschi. Oggi questa attenzione esiste ancora ma la preoccupazione di essere chiari fa premio su tutto e, come ultimo tabù, è rimasta solo la prima pagina del giornale di carta: ogni sera un vicedirettore la rilegge con la matita in mano alla ricerca delle ripetizioni, omaggio romantico alla tradizione.
Come vedi, ci sono eccezioni! Nonostante ci troviamo difronte ad un bel muro di testo, la lunghezza del periodo diventa relativa: il testo risulta comunque fluido e leggibile. Io (come puoi vedere sopra), che ancora non so scrivere come Luisa, per far venire meno ansia ai lettori del mio post, ho invece utilizzato spaziature e capoversi… di strada da fare ne ho ancora molta!
Consigli degli esperti
Consapevole del fatto che riuscire a scrivere in questo modo richieda anni e anni di esperienza, seguo le indicazioni di alcuni esperti di scrittura che suggeriscono di controllare, quando si scrive, l’indice di leggibilità del testo. In estrema sintesi, questo indice si basa sul modo in cui funziona la mente umana: le interruzioni del testo (punteggiatura, divisione in paragrafi, ecc.) consentono di valutare un testo come l’insieme di più parti, e di comprendere così più facilmente il significato finale di quanto letto.
Quanto più frasi, paragrafi e parole sono lunghi, maggiore sarà lo sforzo mentale richiesto ai nostri lettori per comprendere quanto abbiamo scritto; privilegiamo quindi ritmo, frasi brevi, periodi corti e pochi congiuntivi, ma quest’ultimo punto lo affronteremo la prossima volta!