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Nomofobia: la paura di rimanere senza cellulare

Sono nata nel 1995 ed esattamente 12 anni dopo mi hanno regalato il mio primo cellulare, l’imbattibile Nokia 3410. Adesso ho 22 anni, quindi in pratica soffro di Nomofobia da almeno 8 anni. Perciò se leggendo inizierete a credere di averla anche voi, non preoccupatevi: siamo in tanti!

Italianizzazione della parola inglese “Nomophobia”, la no-mobile-phone phobia è la paura di rimanere senza cellulare, batteria, credito o copertura di rete. Capiamone di più.

La principale fonte di ansia risiede nella preoccupazione costante per amici e parenti, con cui non si riuscirebbe ad entrare in contatto in caso di emergenza: sembrano molto lontani i tempi dei gettoni e delle cabine telefoniche tanto moderne negli anni cinquanta.

La patologia, o Sindrome da Disconnessione, attualmente non compare nella quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), in quanto non è associabile ad una reale patologia psichica. E’ stata tuttavia proposta come “fobia specifica”, e riconosciuta come potenzialmente problematica nei soggetti già affetti da disturbi mentali sottostanti, come fobia o ansia sociale e attacchi di panico.

Siete affetti da Nomofobia?

Il soggetto affetto da Nomofobia sente l’urgenza continua di controllare instancabilmente lo schermo dello smartphone, assicurandosi che non siano arrivati nuovi messaggi o notifiche nel breve lasso di tempo in cui il cellulare era in tasca. Insorge così un circolo vizioso per cui si ha la necessità di aumentare in modo massiccio e crescente la dose quotidiana di Internet.

Ciò innesca, nell’utente disarmato, una serie di comportamenti disfunzionali come: trascorrere diverse ore al telefono, aspettare la risposta online anche sollecitando l’interlocutore, commentare e controllare ogni post degli amici su diverse piattaforme, non spegnere mai il dispositivo, rispondere ai messaggi quando ci si sveglia la notte; sono tutti sintomi di un principio di Nomofobia.

Benché siamo portati a pensare di essere immuni alla Nomofobia e alle dipendenze tecnologiche in generale, pensandoci bene qual è l’ultima cosa che facciamo prima di addormentarci e la prima quando riapriamo gli occhi al mattino? Controlliamo il cellulare! Queste serie di meccanismi instaurano, nelle persone, un processo di dipendenza del tutto analogo a quello della tossicodipendenza.

Dipendenza o psicopatologia?

La psicoterapeuta Arianna Marfisa Bellini, responsabile del centro di Clinica Psicoanalitica Dedalus di Bologna, dal 2008 si occupa del trattamento dei cosiddetti “nuovi sintomi” delle moderne patologie. In un’intervista rilasciata per il giornale online BolognaToday, la Dottoressa tenta di far luce sulla questione “Dipendenza e ossessione per il cellulare”: afferma come la nascita delle moderne tecnologie digitali abbia portato a un’acutizzazione delle fobie nell’essere umano.

Nello specifico, la Nomofobia viene descritta come un’ansia da separazione (Separation Anxiety Disorder), ovvero una condizione psicologica per cui la persona colpita mostra uno smisurato grado di ansia al momento di separarsi dalla propria casa o da una persona a cui è legata, “del tutto inesistente fino a pochi anni fa” (Dott.ssa Bellini).

La cura delle sintomatologie, simili a quelle della SAD, si concentra sui problemi psicologici associati a questo disturbo: ansia, nausea, mancanza di respiro, tremori, sudorazione, dolore toracico e tachicardia. La cura si traduce, in genere, in un percorso di psicoterapia.

Tuttavia, i pareri degli esperti sono tra loro ancora molto contraddittori. Il dibattito circa la natura di questa patologia è tuttora in corso, e una risposta definitiva è ben lontana dall’essere esposta. Nonostante possa essere considerata una fobia con sintomi molto affini a quelli classici dell’ansia, è emerso uno studio in forte contrasto con ciò che si è appena detto.

La ricerca, condotta nel 2010 dagli esperti dell’Università Federale di Rio de Janeiro, classifica la Nomofobia non come un disturbo d’ansia, ma piuttosto come una dipendenza patologica. Gli scienziati hanno infatti documentato come, per il trattamento della malattia, un approccio terapeutico mirato alla riduzione dell’ansia non sia affatto efficace, mentre è apparso molto più incisivo un trattamento specifico per le dipendenze patologiche.

Come curarla quindi?

La Nomofobia può essere perciò considerata una tipologia di dipendenza, parte delle cosiddette “nuove dipendenze” o “dipendenze senza sostanza”, in cui sono inclusi una vasta gamma di comportamenti disfunzionali come il gioco d’azzardo patologico, la IAD (Internet Addiction Disorder) e la dipendenza da TV, le dipendenze dal sesso e lo shopping compulsivo.

Come afferma la Psicoterapeuta per consulenze online Daniela Grazioli, specialista nei trattamenti di ansia, depressione, dipendenza e disturbi sessuali, “Le persone dipendenti non sono capaci di ‘pensare’ e, quindi, di regolare e controllare sentimenti gravosi quali la frustrazione, la rabbia, l’invidia, la rivalità, la competizione, ecc.., ma sperimentano e sono invasi da un costante e inesplicabile vuoto esistenziale al quale pongono rimedio allontanandosi dalla propria realtà e rifugiandosi in un altro mondo abitato dalle piacevoli sensazioni che i comportamenti di dipendenza procurano loro”.

La dipendenza dalle nuove tecnologie è certamente in crescita, tuttavia viene spesso confusa con situazioni psicopatologiche diverse. Per questo motivo servono ulteriori studi e approfondimenti in quanto il trattamento è realizzato oggi sulla base delle caratteristiche clinico-psicopatologiche tipiche dei disturbi ossessivo compulsivo, del controllo degli impulsi, dei problemi da abuso di sostanze e dei disturbi dell’umore.

La strada è ancora lunga e in salita!

Abbiamo ormai capito che la situazione è tuttora parecchio incerta, sia sulla natura stessa della Nomofobia, sia per ciò che riguarda una cura efficace.
Dall’invenzione del primo microprocessore Intel 404 nel 1971, l’evoluzione tecnologica ha avuto una crescita esponenziale e se ne prevede altrettanta negli anni a venire: è quindi di fondamentale importanza imparare ad utilizzare al meglio gli strumenti che la modernità ci offre, cercando di sensibilizzare in primis gli utenti, ma soprattutto governi e Università a investire su ricerche e approfondimenti, onde evitare un’epidemia digitale.

Appurato quindi che sei nomofobico, sei sicuro di non essere affetto anche dalla FoMo? Leggi il mio prossimo articolo e lo scoprirai!

 

Comments 1

  1. Io invece ho la fobia di averlo, e devo combattere contro un obbligo peggio che la tessera del fascio: //www.leggioggi.it/2014/02/07/follie-burocratiche-obbligatorio-il-cellulare-di-servizio-per-usare-la-piattaforma-dei-pagamenti-alle-imprese/
    La burocrazia potrà restringere gli spazi personali, mentre è un paradosso veramente mostruoso che invece richieda di crearsene virtuali. Il fisso è solo un apparecchio al quale si è raggiungibili, non importa sia di casa piuttosto che dell’osteria a piano terra. Se non rispondo continua a suonare, mentre il cellulare si può sempre tenere spento o a casa per la fissazione di non disturbare e arrecare disturbo, alla faccia della connessione permanente.

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