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Come gestire un piano di Content Marketing (parte 3)

“Non si può migliorare ciò che non si conosce e non si può conoscere ciò che non si misura.” Dopo la creazione e la gestione, eccoci quindi alla terza fase di gestione del nostro Piano di Content Marketing per i corsi Digital Friday: valutare i risultati e capire dove migliorare, grazie a tutti i dati che Google Analytics, Facebook, Twitter e compagnia ci mettono a disposizione.

Ecco come abbiamo impostato la nostra fase di analisi.

Premessa

Misurare significa fissare indicatori e obiettivi.

Per i secondi è abbastanza semplice: cosa voglio ottenere? Vendere biglietti dei corsi? Aumentare i fan? Farmi conoscere? Per i primi occorre qualche riflessione aggiuntiva.

Ogni obiettivo ha un indicatore che lo misura: numero biglietti venduti, numero fan, impression, reach oppure numero di interazioni. Questi sono “indicatori di risultato“; alcuni sono obbligati, come il numero di biglietti venduti, se l’obiettivo è vendere biglietti, mentre altri sono frutto di una scelta.

Concentrarsi solo sugli indicatori di risultato è pericoloso perché si rischia di perdere di vista il processo che abbiamo definito per arrivare all’obiettivo. Ecco allora gli indicatori di processo, quelli che ci danno informazioni su “come stiamo lavorando per arrivare all’obiettivo”.

Ad esempio, il numero di interazioni sui post Facebook è un indicatore che ci fa ben sperare sul numero di biglietti venduti? Se sì, lo consideriamo un indicatore di processo, altrimenti ne consideriamo un altro.

Affrontare la fase di misurazione significa costruire una logica di interpretazione degli indicatori e metterla in atto.

Attenzione, mai confondere un indicatore di processo con un indicatore di risultato!

Facebook

Il modo più immediato per valutare i risultati è osservare quanti Like, Commenti e Condivisioni riceviamo sui post Facebook. È un dato semplice da guardare e da interpretare, ma è anche molto parziale e può trarre in inganno. Basta considerare come funziona e come usiamo Facebook.

Come funziona Facebook

Ogni volta che pubblichiamo un post sulla nostra pagina, Facebook decide di mostrarla ad alcuni dei nostri Fan scelti in base a criteri tra cui le precedenti interazioni con la nostra Pagina. Se le interazioni con la pagina sono poche o se il numero dei fan è alto, a chi li mostra? E se sceglie quelli sbagliati, cioè quelli meno propensi a interagire?

Come le persone usano Facebook

Hai mai fatto mente locale su come usi Facebook, quando e perché metti Like a un post? Ebbene, il Like su Facebook nasce da esigenze psicologiche: “ci interessa” chi lo ha pubblicato, perché è un amico stretto; vogliamo “farci vedere e attirare l’attenzione”, per un senso di appartenenza e mostrare “chi siamo”; a volte per piaggeria…

I like su Facebook non sono like di contenuto, ma di relazione. La capacità di attirare attenzione deriva da tanti elementi: l’empatia che generi, la qualità della community, il senso di appartenenza e di identificazione che comunichi.

Come monitoriamo Facebook

Quindi il numero di interazioni dice una parte della verità, ma non tutta. Il resto occorre scoprirlo scaricando e studiando gli Insight di Facebook a livello mensile; per scoprire, ad esempio, che:

  • post con poche interazioni hanno raggiunto molte persone e un numero di visualizzazioni altissimo, maggiori di quelli un post con un più alto numero di interazioni
  • nel mese, tra i 20 aggiornamenti con il reach più alto, 10 sono video e 8 sono foto, anche se hanno avuto meno interazioni del classico link
  • ci sono persone che decidono di nascondere un tuo post, oppure di nascondere tutti gli aggiornamenti della tua Pagina; allora ti chiedi, o Facebook ha cannato di brutto e ha mostrato il post a una persona così indisposta da decidere di nasconderlo, oppure c’è qualcuno che visita la Pagina e nasconde gli aggiornamenti. 🙂

Quindi, scarica gli Insight, ordina e correla i dati, fatti delle domande e prova a formulare delle ipotesi (lo stesso vale per Twitter e altri canali).

È un lavoro lungo e denso di domande; è un lavoro da fare se vuoi davvero capire dove stai dedicando il tuo tempo, su cose che sembrano funzionare o su altro.

Google Analytics

Anche qui il modo più semplice e immediato è controllare il numero di sessioni, le pagine più visualizzate, la percentuale di rimbalzo e il tempo medio di permanenza, il traffico dai social e tanto altro.

Ci sono però alcuni indicatori che non vengono generati in automatico da Google Analytics, te li devi creare ad hoc. Questi indicatori rispondono a domande quali:

  • i post sul blog indirizzano correttamente il lettore alla scheda corso?
  • quanto traffico generiamo con le nostre condivisioni sui social?
  • quale posizione del banner è più efficace?

Scoprire che i post hanno un buon numero di visualizzazioni ma non convertono verso la scheda corso, è fastidioso, o quantomeno richiede un momento di riflessione. Oppure vedere che se non fosse per le nostre condivisioni, il traffico dai social sarebbe basso o nullo, genera altre considerazioni.

Per ottenere questi dati sfruttiamo due tecniche: il tracciamento delle campagne e il tracciamento degli eventi.

Tracciamento delle campagne Google Analytics

Si basa sull’aggiunta di parametri UTM al link da condividere, in particolare:

  • Source, da dove proviene il traffico (dove hai pubblicato il link)
  • Medium, con quale mezzo hai attirato il traffico (può essere CPC, email, banner)
  • Campaign, nell’ambito di quale campagna hai generato traffico.

Per costruire il link ci si può appoggiare allo strumento online di Google, oppure si può creare un foglio excel con tutte le formule necessarie.

Ora analizzando i report di Google Analytics siamo in grado di dire con assoluta certezza (fatti salvi i possibili errori di Google) quante sessioni abbiamo generato con le nostre condivisioni e quale canale ha dato maggiori risultati.

Grazie a questa tecnica abbiamo osservato che le condivisioni di vecchi post sulla pagina Facebook eseguite nelle settimane centrali di agosto hanno dato buoni risultati, anche se lontani da quelli ottenuti nei mesi “lavorativi”.

Lo studio da fare a monte riguarda l’architettura dei parametri, cioè cosa voglio misurare, e le regole di naming, quali sono i possibili valori da assegnare ai tre parametri. Una delle nostre scelte è stata, ad esempio, usare il parametro Medium per distinguere le condivisioni su pagine, profili o gruppi.

Tracciamento degli eventi Google Analytics

La faccenda un po’ si complica perché o si interviene sul codice WordPress e si inseriscono le istruzioni Google per rilevare gli “eventi di navigazione” avvenuti su una qualunque pagina del sito, oppure ci si appoggia a Google Tag Manager. Il vantaggio della seconda tecnica sulla prima è che evita l’intervento sul codice.

Solo grazie agli eventi siamo in grado di capire se la pagina di questo post invia o meno il lettore sulla scheda corso e da quale banner, quello in fondo al post oppure quello in alto nella colonna.

Perché questa informazione è importante? Se l’obiettivo è vendere corsi, dedicare molto tempo a scrivere post che non mandano il lettore alla scheda corso può essere un problema, no? Quindi cosa fare? Migliorare i banner? Mettere l’iscrizione nella colonna di questa pagina? Vendere i corsi in altri modi?

Come monitoriamo Google Analytics

Ci siamo organizzati così:

  • nessun link esce senza parametri UTM
  • i parametri UTM sono differenti tra canali, pagine e campagne
  • ogni condivisione è finalizzata a un obiettivo da raggiungere / monitorare
  • i click fondamentali su questo sito e sul sito dei corsi sono monitorati da eventi o da tag.

Ora di ogni singola condivisione siamo in grado di sapere quanto traffico e quali eventi di navigazione ha generato. Questa catena di dati ci dice, settimana per settimana, lo stato di salute delle nostre azioni di content marketing (limitatamente ai contenuti pubblicati su questo blog).

Conclusioni

L’analisi dei dati è la cartina tornasole in grado di rivelare l’efficacia del Piano di Content Marketing. Dopo l’analisi viene la retroazione sul Piano, sia in termini di programmazione, sia di contenuti e formati.

Un’ultima avvertenza: alcuni dati danno informazioni certe, altri vanno interpretati e ci si può sbagliare. L’importante è non lasciare le cose al caso.

 


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