In vista del Digital Friday dedicato allo Storytelling con Valentina Falcinelli, copywriter e CEO di Pennamontata, abbiamo colto l’occasione per fare due chiacchiere con Valentina.
Una breve intervista a una delle copywriter che seguo di più al momento.
Buona lettura! 🙂
1) ALESSANDRA: Ciao Valentina e piacere di risentirti! Se dovessi presentarti per la prima volta, professionalmente parlando, come ti definiresti?
VALENTINA: Sono una copywriter. Il bello è che oggi, a differenza di qualche anno fa, non bisogna nemmeno star lì a spiegare troppo cosa faccia – o non faccia – un copywriter.
Ah, non è così? Ok, allora ricomincio. Mi occupo di scrittura. Ma no, non sono una scrittrice, non scrivo romanzi. Scrivo testi aziendali, per il web e non. Scrivo testi di siti istituzionali, scrivo claim per campagne, post per blog e social.
Di base, ecco, scrivo. Poi, però, siccome il testo è forma oltre che contenuto, mi definisco anche “content designer”. In sostanza curo l’usabilità dei testi per rendere l’esperienza di lettura e navigazione il più piacevole possibile.
Ah, quasi dimenticavo: scrivo e parlo del mio lavoro in diversi momenti formativi. Tipo Digital Friday per l’appunto.
2) ALESSANDRA: Devo ammettere che ho un debole per il sito di Pennamontata e per l’estrema chiarezza ed efficacia comunicativa che adottate sui vostri canali.
Come si costruisce un racconto così vincente per un’azienda e quanto cambia la ricetta a seconda del settore di provenienza e del canale scelto per la comunicazione?
VALENTINA: Intanto grazie mille per i complimenti.
La mia idea è quella che ogni azienda possa, anzi debba comunicare in maniera semplice e chiara. Il primo ingrediente per una buona comunicazione, infatti, è proprio questo: la chiarezza.
Mai preferirla all’eccessiva creatività. Mai sostituirla con tecnicismi, forestierismi, burocratese.
Poi, è ovvio: in certi settori, oltre a esser chiari, si può osare un po’ di più con un registro creativo, ora ironico, ora emozionale. Il mio consiglio, comunque, è questo: non scrivete monologhi, create conversazioni. Il linguaggio così risulterà più naturale, fluido ed empatico. E questo vale sempre, a prescindere dal mercato di riferimento, dal target, dal prestigio dell’azienda.
3) ALESSANDRA: Don’t sell the steak, sell the sizzle, è una frase del 1930 che ti piace citare perché è valida oggi proprio come allora.
Mi chiedo, allora, se chiunque possa raccontare una storia e quali storie vale la pena raccontare. Insomma, si può imparare a fare storytelling pur non essendo un esperto copywriter?
VALENTINA: Le storie sono dappertutto.
Davvero, è così. La capacità di cogliere una storia non è appannaggio dei copywriter; quindi, sì, potenzialmente chiunque può raccontare storie.
Il problema sorge nel momento in cui a queste storie bisogna conferire una forma. Un copywriter saprà farlo meglio di un non-copywriter. Questo è chiaro.
Pensiamo a una macchina: tutti siamo in grado di guidare. Ma un conto è guidare una Fiat, un conto una Ferrari F138 – per pilotare la seconda vettura bisogna essere piloti di Formula 1.
Tutti siamo in grado di raccontare storie; poi, però, a renderle fruibili, emozionanti ed efficaci ci dovrebbe pensare il pilota delle parole, il copywriter.
Cosa può fare allora un non-copy?
Chi non scrive per professione può comunque guardarsi intorno alla ricerca di una storia. Può iniziare per esempio a chiedere alle persone che lavorano in azienda di raccontarsi. E può trasformare quelle interviste, editandole e tenendone solo le parti funzionali, in testi da inserire nella pagina “Chi siamo” del sito aziendale (poi magari può comunque battere un colpo, che un copywriter serve sempre).
4) ALESSANDRA: Visual storytelling e content storytelling, ci dai qualche consiglio su come sfruttare queste due strategie persuasive? Esistono degli strumenti che possono aiutarci?
VALENTINA: Per risponderti, Alessandra, voglio parlare in breve di due casi che mostrano come sia possibile utilizzare i contenuti dei propri fan/follower/clienti e trasformarli in efficaci campagne di visual e content storytelling.
Starbucks, per esempio, è un vero e proprio lovemark. Nel 2014 ha lanciato il contest White Cup, per cui gli aficionados del brand erano invitati a pubblicare foto del celebre bicchiere bianco Starbucks decorato a mano da loro. Qui la board Pinterest con alcune delle immagini postate. È o non è questa un’ottima strategia di visual storytelling?
A cavallo tra visual e content storytelling, invece, l’ultima campagna Expedia, #ExpediaInterns. In questo caso il brand raccoglie, con l’hashtag dedicato, tutte le domande connesse ai viaggi dei propri utenti e le trasforma in simpatici video. Qui l’azienda compie tre macro operazioni:
- monitora la rete (monitoring)
- seleziona i tweet più pertinenti (user generated content)
- realizza brevi video (creazione canovaccio + riprese).
Risultato di entrambi questi casi? Un grande coinvolgimento.
5) ALESSANDRA: E a chi ancora non crede nel potere delle parole e delle immagini, cosa diresti?
VALENTINA: Direi di guardare questo video.
– Scusa, ma non potevo rispondere diversamente.
6) ALESSANDRA: Quali sono le campagne comunicative che più ti hanno emozionata da quando fai questo lavoro?
I miei brand di riferimento sono senza dubbio Ikea e Dove.
Di Ikea adoro tutto: la leggerezza e l’efficacia della comunicazione, la creatività delle campagne di street advertising, il copy dei cataloghi.
Dove, con la campagna The Real Beauty, ha fatto centro. È il primo brand ad aver affrontato in maniera così completa, emozionante e intelligente l’argomento bellezza, esplorando quelle aree dell’universo femminile che gli altri brand hanno sempre trascurato. Questo perché prima di Dove – e sottolineo quel prima – non “andavano di moda”.
In assoluto, però, la campagna che più mi ha colpita è quella di Obama. Credo passerà alla storia come la migliore campagna di sempre, non solo in ambito politico.
ALESSANDRA: Grazie Valentina!
_____________________________________________________________________
Il Digital Friday con Valentina Falcinelli lo trovate qui: